Il tempo instabile che da giorni imperversa sul versante adriatico ci spinge a spostarci verso Ovest, i Sibillini e la Laga sembrano
poter offrire sufficiente ostacolo ai treni di perturbazioni che arrivano dall’Est, venti freddi e nuvolaglie si infrangono sulle
montagne che dovrebbero lasciare così spiragli nelle zone più centrali; riuscissero a contenere anche i venti di guerra provenienti
da quelle parti meriterebbero il Nobel per la pace.
Oggi conosceremo il monte Calvo, da tanto è nei nostri progetti ma non ha mai trovato spazio o il momento giusto nella nostra agenda;
lo saliremo dal paese di Sella di Corno, sulla provinciale che congiunge Antrodoco all’Aquila.
Il borgo è composto da poche case, molte dirute, l’accesso del sentiero (n°457 Carta Escursionistica Selca del CAI di Antrodoco) si
trova alle spalle delle poche case, nei pressi di una fonte; provenendo da Antrodoco al termine della piccola sterrata sulla sinistra
all’inizio del paese, se si proviene dall’Aquila entrando ed attraversando il piccolo borgo. La via di salita è facile da intuire,
percorre la valle a sinistra delle evidenti antenne poste alte sulle montagne alle spalle del paese, il sentiero si dipana prima su
una sterrata e poi su una traccia a tratti incerta sempre nel versante sinistro del Rio del Falconetto.
La sterrata è di servizio a vari appezzamenti terrieri e ad orti, vari cancelli improvvisati si aprono ai lati, e si perde presto
quando la pendenza inizia a salire e la boscaglia si fa più fitta e disordinata; fin dall’inizio non esiste segnaletica, la traccia
è evidente, si allunga sul lato sinistro del fosso che oltre la sterrata si è fatto molto più marcato e incastrato nella valle.
Più avanti, quando in alto sulla destra si iniziano ad intravedere le grosse antenne la traccia si fa incerta e poco chiara,
qualche piccolo omino (molto molto piccoli tanto che potrebbero sparire facilmente) aiuta qua e là ma la poca neve che c’è copre
le tracce e anche la boscaglia disordinata non aiuta; presto tocca inventarsi e proseguire a vista, cosa che d’altra parte in
condizioni di visibilità è agevole e intuitiva. Dove la boscaglia è meno fitta ci alziamo rispetto al fosso e senza salire troppo
tendiamo ad attraversare verso l’evidente testata della valle che viene chiusa da una dorsale che si congiunge a quella che proviene
dalle antenne; anche senza una traccia precisa non è difficile salire nella giusta direzione, qualche slargo tra gli alberi aiuta ad
attraversare e ben presto si esce oltre la boscaglia, zona valle Cupa, sotto delle piccole guglie rocciose che si elevano sui versanti
che chiudono la valle; a dire il vero è solo apparenza perché la valle non termina, aggirando in una sorta di falso piano il pendio
boscoso che scende da colle s. Agostino, la valle vira decisamente a sinistra e continua ora più bella di prima verso Nord e verso le
alture innevate lassù in cima che corrispondo già alla vetta della nostra meta.
Il fondo valle è incastrato tra due dorsali ma è ampio, diritto e con una visuale stupenda che emana serenità, è esposto al sole per
cui la neve quasi manca e dove c’è, è un strato sottile che non infastidisce; la traccia a tratti sparisce per ritornare evidente un
po' più in alto, poi risparisce, seguiamo quelle degli animali e lentamente saliamo sul lato sinistro della valle, sempre più bella e
suggestiva; piuttosto che inoltrarci diritti verso la testata boscosa prendiamo a salire il fianco di colle S.Angelo, qui privo di
alberi, ricco di roccette sparse ovunque, facile da salire attenuando il dislivello con frequenti svolte . Superato uno sperone evidente
anche se piccolo, la salita si attenua e si raggiunge la non lontana dorsale intorno quota 1700m. da dove gli orizzonti si allargano verso
un complesso di tonde cime che costellano il territorio fino alla cima del Calvo. Dietro le nostre spalle, verso Sud, la vista poteva
essere stupenda se non fosse stata offuscata da una nuvolaglia sparsa ma cupa e da una diffusa spessa foschia, si apre sull’ampia valle
dell’Aterno, si intravede l’Aquila e si percepiscono, da questa posizione una prospettiva davvero nuova, le dorsali del Cagno-Ocre e
quella attigua dell’Orsello che scorrono parallele da Nord a Sud, inizialmente anche difficili da leggere; il resto del gruppo del Velino
è confuso tra una accozzaglia di nuvole e il bianco della neve.
Già da questa quota, ancora sotto 200m. dalla vetta che abbiamo davanti a circa un chilometro e mezzo, il Calvo risulta un complesso di
svariate tonde e grosse vette secondarie sparpagliate sul territorio, varie creste che le uniscono e profonde valli, la neve in quota
amplifica la presenza di ognuna ed anche se piccolo il comprensorio sorprende e restituisce una grande soddisfazione per esserci saliti a conoscerlo.
In leggera costante salita la dorsale aggira la valle da dove siamo saliti, supera un paio di anticime poco pronunciate, la cresta quasi
spolverata e sassosa contrasta con le selle tra le cime dove la neve è alta, non tiene e sprofondiamo nell’attraversarle; la cima del
monte Calvo è una tonda cupola, salendo dal versante Sud come abbiamo fatto noi (da quello Nord invece è un insieme di un paio di cime
unite da un profondo circolo molto ripido), è sormontata da una grossa croce che appare solo all’ultimo momento (+ 3 ore). La vetta è
davvero bella, non me lo aspettavo; è formata da una lunga cresta di circa duecento metri distinta alle estremità da un paio di cime
più o meno simili, nessuna delle due sembra prevalere sull’altra, la croce è posta sulla cima a Sud. Grossi cumuli nevosi compongono
la cresta che le unisce, formata da un cornicione più o meno continuo e più o meno pronunciato che sporge su un verticale e profondo
circolo che scende fino ai boschi sottostanti. Una vera sorpresa questa montagna, un piccolo comprensorio di varie cime che regalano
il senso di una montagna complessa anche se isolata; oltre la bella cornice l’orizzonte verso Nord-Ovest si chiude sul Terminillo, il
Nuria lontano spunta oltre i vicini Colle Renose (1867m.) e Colle di Mezzo (1873m.) una bella coppia di tonde cime che fanno parte del
comprensorio. Peccato la visibilità non consenta di allungare lo sguardo molto lontano perché a Nord di certo potremmo godere del Pozzoni
e dei Sibillini, ad Est della Laga e del Gran Sasso, di sicuro si riconoscerebbe la Majella a Sud oltre la lunga dorsale del Cagno-Ocre
che insieme a quella del monte Orsello sono le uniche riconoscibili.
Sostiamo un po' in vetta, mi allungo per fotografare qualche dettaglio delle belle cornici, poi il solito vento fresco che quando ti
fermi ti congela in un attimo ci fa ripartire; per scendere cambiamo linea, seguiamo la dorsale che scende a sinistra di valle Cupa,
in pratica la stessa che continua fino a raggiungere le evidenti antenne; la percorriamo per un chilometro circa e poi ci buttiamo
dentro valle Cupa in uno dei tratti del versante meno ripidi, fuori dal bosco e senza sentiero. Atterrare in valle è cosa facile, il
resto è solo cercare di ritrovare la traccia dell’andata, facile nel tratto scoperto un po' meno quando si entra nel bosco. La
intercettiamo nel tratto iniziale ma le perdiamo subito tenendo una linea troppo alta; capiamo di dover scendere, i riferimenti non
mancano e alla fine ci ritroviamo sulle nostre orme e poi sul sentiero quando scompare la neve. Ben presto convergiamo sulla sterrata
che ci accompagna fino al fontanile e all’auto parcheggiata poco lontano (+1,50 ore).
Boscosa in basso, quasi infrattata tra un nugolo di boscose alture una uguale all’altra, quando ti alzi ed esci dal bosco il Calvo
diventa una bella montagna, una vera piacevole sorpresa; merita di essere ritoccata a primavera in una giornata dai lunghi orizzonti,
quando la sua centralità garantisce panorami davvero notevoli. Da considerare, in assenza di neve, le scorribande che si possono fare
tra le varie tonde cime che compongono il comprensorio e che possono offrire una bella passeggiata nella passeggiata.